Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto
(kurion ton theon sou proskunèseis kai autò monò latreuseis)
(kurion ton theon sou proskunèseis kai autò monò latreuseis)
Evangelo di Matteo 4:10
Giovanni Villari
L'adorazione
Tanto potrebbe dirsi su questo soggetto che rappresenta certamente l'aspetto più ineffabile della preghiera e
della vita cristiana in generale. Per sua stessa natura l'adorazione è difficilmente definibile. Essa si può, infatti,
identificare con il culto a Dio (gr. latrèuo) in senso lato, ma indica pure un momento preciso di quella parte
indispensabile di esso che è la preghiera.
Solitamente, l'adorazione è associata alla lode ed identificata con essa. In realtà, non sono esattamente la stessa
cosa. La lode indica più l'entusiasmo del ringraziamento sentito a Dio, che si manifesta particolarmente
attraverso il canto, per degli atti che Egli ha compiuto, (Esodo 15:1-11, 19) (ciò che Dio fa). L'adorazione è
soprattutto la pacata ed intensa esaltazione di Dio, riconosciuto come unico ed assoluto Signore dell'universo
(Neh. 9:6) (ciò che Dio è). In questo senso possiamo dire che, se la lode trova la sua motivazione nelle opere
di Dio, l'origine dell'adorazione sta più nella Sua stessa Persona (Mat. 2:11; 28:9,17).
Cosa significa adorazione
Il termine che si traduce con adorazione o adorare (e le sue coniugazioni) ha la sua radice nella lingua greca ed
è propriamente: προσκυνηω= proskunèo.
Il verbo greco προσκυνηω (proschiuneo) può infatti essere tradotto correttamente con adorare, supplicare,
venerare, rendere omaggio, implorare, baciare, salutare con riverenza.
Il verbo proviene da προσ pros (davanti) ed una probabile parola derivata da κυνηωkunèo (da κυων kuon = cane)
che conferisce al termine il significato di baciare, come un cane che lecca la mano del padrone.
I diversi significati pertanto sono:
1. Dirigersi verso qualcuno per baciargli la mano, come segno di riverenza;
2. Fra gli orientali, soprattutto i persiani, cadere sulle ginocchia e toccare il terreno con la fronte come
espressione di profonda riverenza;
3. Inginocchiarsi e prostrarsi per rendere omaggio (a qualcuno), sia per esprimere rispetto che per
supplicare o adorare. Usato soprattutto per indicare l'omaggio mostrato a uomini ed ad esseri di grado
superiore come ad esempio: 1) a Dio; 2) a Cristo; 3) al sommo sacerdote ebreo; 4) a esseri celesti; 5) a
Satana.
Gli orientali, davanti a re e a personaggi potenti, si prostravano e baciavano il suolo, il piede o il ginocchio in
senso di sottomissione, di rispetto, di venerazione e di omaggio.
Gli antichi, (e ancor'oggi i popoli appartenenti a civiltà pagane) facevano molti atti di adorazione, o almeno
tenevano davanti alle divinità, al cospetto dei re e dei grandi personaggi, questo atteggiamento rispettoso o
adulatorio, ad esempio cfr. Gen. 42:6.
Una breve traccia storica
I bassorilievi dell'Assiria e dell'Egitto confermano l'usanza di quanto espresso sin'ora, e ne spiegano anche
figurativamente le suddette etimologie.
In un bell'affresco scoperto a Tebe nella tomba egizia di un nobile dell’epoca, Sebekhétep (1420 a.C. circa),
appaiono vari emissari semiti che recano tributi in segno di sottomissione. Si distinguono i caratteristici due
atteggiamenti di venerazione o adorazione, molto comuni tra gli orientali: le due mani alzate e la prostrazione
sino a baciare la terra. Questa scena appartiene al periodo in la famiglia di Giuseppe si insediò in Egitto.
E' importante sapere che fin dai tempi di Platone (427-347a.C.), per distinguere l'adorazione tributata agli dei
vennero usati dei termini nei quali non v'era riferimento a nessun atteggiamento proprio del corpo. Le stesse
parole si riscontrano specificatamente nei "LXX" e nel N.T. per significare l'adorazione a Dio: λατρευω =
latrèuo (atto-servizio-culto di adorazione).
Qualche secolo prima della venuta di Cristo, i popoli più civilizzati, come i Greci e i Romani, caddero in
assurde e svariate forme di idolatria, e benché il popolo romano abbia sempre avuto ripugnanza per
l'adorazione ai viventi - "divus non sit, dum sit vivus" (non sia divino mentre sia vivo) - ed abbia trattato da
pag. 1 di 3 pazzo Caligola che pretendeva di essere un dio, nei suoi domini orientali e nella metropoli in decadenza,
cominciando da Domiziano che si attribuì il fastoso titolo di dominus e deus noster, venne introdotta una
forma cultuale di adulazione che sollevò presto le proteste e le satire di filosofi e scrittori dell'epoca.
La persecuzione dei cristiani presenti nell'Impero Romano prima dell’editto di Costantino (313 d.C.) era
dovuta soprattutto al rifiuto da parte di questi dell'adorazione e del culto all'imperatore. I cristiani erano pronti
a pregare per l'imperatore, secondo l'insegnamento apostolico, ma non a pregare l'imperatore. Perciò i processi
contro i cristiani non terminarono mai con l'assoluzione, salvo in casi di abiura, la quale implicava l'atto
pubblico di culto imperiale.
Fedeli adoratori di Yhawhé
Israele, in contrasto a tutti i popoli stranieri e idolatri, nonostante le sue sporadiche e purtroppo gravi cadute
nell'idolatria, contro la quale i profeti levarono sempre la loro ispirata e vivace protesta, con tenaci richiami a
ravvedimento, non tollerò mai alcuna adorazione ad alcuna persona vivente e dal periodo della cattività
babilonese, non permise neppure le prostrazioni davanti agli uomini, chiunque essi fossero.
1. Significativo è il caso di Mardocheo che per la sua fede, rifiutò nel modo più assoluto di prostrarsi
dinnanzi ad Haman, in segno di adorazione, esponendosi in tal modo al pericolo di far sterminare il
suo popolo; (Ester 3:2, 5-6).
2. Ricordiamo la vicenda dei tre giovani nella fornace ardente, fatta preparare dal re Nebucadnetsar per
coloro che non volevano servire i suoi dèi e adorare la statua d'oro che egli aveva eretta. Era palese
l'orgoglio di Nebucadnetsar, manifestato in questo atto di piena idolatria e deificazione dell'uomo.
Shadrac, Meshac e Abed-nego, furono salvati attraverso la fornace della tribolazione. Il loro gesto
non è da definire tanto eroico, quanto da uomini fedeli e "unici adoratori di Dio"; (Daniele 3:11-12,
15-18, 28).
3. Nel N.T. leggiamo di Pietro che si sottrasse alle prostrazioni di Cornelio (Atti 10:25-26).
4. Nell'Apocalisse, l'angelo, pura e semplice creatura, non permette a Giovanni alcun atto che possa
essere interpretato come adorazione, e conclude con un'esortazione ed un invito: "Adora Iddio"
(Apocalisse 22:8-9).
Quanto sangue è costato al Cristianesimo l'osservanza di questo precetto del Signore!
Gesù stesso ci ha dato la definizione più precisa del carattere della vera adorazione: «Dio è Spirito; e quelli
che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità» (Giov. 4:24).
L'adorazione dei Magi provenienti dall'Oriente, al Re Gesù, è un episodio caratteristico del vangelo di Matteo.
(Matteo 2:1-2). Già dalla sua nascita Gesù, ancora in fasce, viene adorato e omaggiato da alcuni stranieri. La
breve narrazione di questo episodio fa allusione certamente ai passi di Isaia 60:5-6 e al Salmo 72:9-15 nei
quali Gesù viene annunciato quale Re e Signore delle nazioni.
Perchè l'adorazione
Adorare Dio è la ragione fondamentale per la quale siamo stati creati, salvati e rigenerati. L'uomo sente ciò
dentro di se; le sue esperienze nella sfera intellettuale, sentimentale, materiale, non potranno mai sostituire il
bisogno e l'appagamento primario dell'adorazione. La Bibbia mostra come l'esistenza di Adamo ed Eva non fu
più la stessa dopo che persero la comunione con Dio, a causa del peccato, perché sfuggirono lo sguardo divino
e lo ripiegarono su essi stessi. Nell'adorazione l'essere umano viene pienamente soddisfatto, poiché realizza
che quando Dio regna ed è elevato al di sopra d'ogni cosa lo rende veramente libero (II Cor.3:17-18) da tutti i
legami che lo attraggono verso il basso, e, in questa suprema libertà, è coinvolto nello splendore della maestà
divina.
Comunione calorosa e profonda
L'adorazione è un'esperienza spirituale cosciente e serena, un intimo incontro fra l'uomo ed il "Suo" Dio, in
cui Dio rimane Dio e l'uomo rimane uomo, ma nella quale, tuttavia, l'Uno si compiace nell'altro. Infatti, essa
esprime proprio questa reciprocità di affetti: l'uomo si rallegra in Dio (Habac. 3:18), Dio si rallegra dell'uomo
(Sof. 3:17), dimorando, in forza dell'opera di Cristo, nell'essere umano (I Cor. 3:16). Vi è come un fiume
spirituale che scorre, una eccelsa corrispondenza fra il Creatore e la creatura, il Redentore ed il liberato, il
Padre ed il figlio.
Adorare è dare a Dio quel che gli spetta, offrirgli la primizia dei nostri sentimenti insieme a tutto noi stessi;
è quasi far tornare a Dio quei sospiri ineffabili che Egli ha messo in noi col Suo alito (Rom. 8:26; Gen 2:7; Gb
27:3; 33:4).
pag. 2 di 3 E' un'offerta che onora Dio, corrisponde ai Suoi desideri e, allo stesso tempo, sazia l'uomo di un
impareggiabile cibo spirituale. Ci introduce, ci immerge nella conoscenza di Dio "in spirito e verità", cioè
sulla base della Sua Parola e attraverso la disposizione del nostro spirito (soffio o alito di vita).
Istanti preziosi
La vita cristiana è un cammino di fede con Dio, tuttavia per crescere bisogna anche sapersi fermare ai Suoi
piedi per contemplarLo (Sal. 95:6).
Una contemplazione tale ci trasforma, permettendoci di ricevere pensieri, propositi, sentimenti nuovi e più alti
(Filippesi 4:8). Niente quanto l'adorazione purifica il carattere e l'intera vita del credente, elevando la sua
anima ad una veduta spirituale della realtà (II Cor. 3:18).
L'adorazione è forse il momento più dolce, nobile, se così si può dire, della preghiera, quando l'uomo, svuotato
delle proprie mire egoistiche, anche se lecite, è riempito della presenza di Dio.
Non vi è più l'implorazione per il perdono, la richiesta per il nostro o l'altrui bisogno, la lotta per superare le
passioni carnali, ma la "disinteressata" ammirazione delle bellezze del Signore, l'ingresso nelle stanze
"segrete" di Dio (Sal. 5:7; 132:7), ove si gusta la Sua somma grandezza, in cui la voce del Signore imprime la
Sua ispirata Parola alla nostra vita, in modo certo e personale.
Un servizio (culto) unico e costante.
L'adorazione è un servizio unico. È il culto per eccellenza, che offriremo per l'eternità (Apoc. 15:4);
qualcosa che sorpassa la devozione, il rispetto ed il servizio pratico (pure spirituale ed importante), i quali,
oltre che a Dio, possono esser resi pure agli uomini. La creatura può anche essere ringraziata, apprezzata per le
sue qualità, ma l'adorazione può e deve essere tributata esclusivamente a Dio (Atti 10:25-26; Apoc. 19:10),
non in un vago e istintivo misticismo interiore, bensì "in spirito e verità", cioè secondo la luce e l'armonia del
perfetto insegnamento della Bibbia. D'altra parte è un privilegio concesso soltanto ai veri figliuoli, riscattati
dal sacrificio di Gesù Cristo; chi si affida alla propria giustizia non può essere un "vero adoratore" (Giov.
4:22-23).
C'è una netta differenza fra adorazione e adulazione (Sal. 66:3), tra spontaneità e formalismo, tra metodo e
genuinità.
L'adorazione non è solo uno stare in preghiera, ma una continua e dinamica disposizione del cuore verso le
meravigliose Persone di Dio: Padre – Figlio – Spirito Santo.
Essa è una santa bramosia delle esperienze più profonde nella presenza del Signore; il desiderio di essere uniti
a Lui e la volontà di realizzare senza più alcuna ombra di essere Suoi, di appartenere a Dio in modo speciale,
quale tempio per la dimora del Suo Spirito. (1Cor. 6:17);
Conclusione
Quando si adora "veramente", nel culto privato o nell'assemblea, il tempo passa velocemente perché la reale e
intima comunione con Dio ci distacca dalle circostanze e persino dall’inesorabile trascorrere del tempo
facendoci sentire più vicini a Lui. (cfr. Dan. 6:10-11)
Sovente l'adorazione è una voce silenziosa. Soltanto Dio può ascoltare quei sospiri rivolti a Lui dall'anima che
con devoto anelito si accosta alla maestà divina e proclama che l'Eterno è Dio! (cfr. Salmo 95)
A Dio sia la gloria.