TRE ALBERI
Nelle chiese perseguitate viene
spesso e volentieri raccontata questa parabola. Per quelli che soffrono il carcere è motivo di consolazione. In un bosco c’erano una volta tre giovani alberi, legati fra loro da uno stretto
rapporto di amicizia. Vollero pregare insieme, affinché non fosse la putrefazione a mettere fine alla loro vita, ma che il loro legno fosse utilizzato dagli uomini. Il primo albero espresse il
desiderio di diventare una mangiatoia da cui potessero
mangiare delle bestie stanche dopo una lunga giornata di lavoro. Dio ricompensò la sua modestia. Da lui venne ricavata una speciale mangiatoia, e cioè quella in cui venne posto più tardi il
neonato Figlio di Dio. Vide angeli vegliare sul bambino, ascoltò Maria cantare delle ninne nanne e i magi e i pastori inginocchiarsi davanti a quel bambino. Con che altro albero il destino ha
avuto mai progetti migliori?
Il secondo albero vide sul lago ai suoi piedi delle barche e pregò che dal suo legno potesse essere costruita una barca. La sua preghiera fu esau¬dita e molte persone usarono quella barca come
mezzo di trasporto. Un giorno vi salì un viaggiatore straordinario: il Figlio di Dio. La barca ascol¬tò parlare Gesù con parole piene d’amore e di sapienza, che mai aveva ascoltate prima d’ora.
Durante una violenta tempesta la barca minacciò di capovolgersi, ma Gesù sgridò i venti e il mare e si fece gran bonaccia. A causa di questi avvenimenti era valsa la pena per l’albero di
morire.
Il terzo albero non sapeva che cosa avrebbe voluto diventare, perciò altri decisero al suo posto. Ne ricavarono una grande croce che doveva servire come strumento di tortura. Chi era allora più
afflitto di quell’albero? Un giorno su quella croce venne inchiodato il Figlio di Dio. Diversamente dalle altre, su questa croce non si sentirono né lamenti, né imprecazioni, ma parole del divino
perdono, parole che aprirono le porte del cielo e permisero ad un ladrone di pentirsi, parole compassionevoli rivolte alla madre e parole piene di fiducia rivolte al Padre. Allora il legno capì ì
che il suo contributo alla crocifissione di Gesù era servito alla salvezza dell’umanità e così fu ripieno di gioia. Nessuno cerca la sofferenza. Soltanto delle anime straordinarie sono chiamare a
grandi rinunce, come povertà volontaria, castità e. se il caso lo richiede ubbidienza fino alla morte.
Noi non ci cerchiamo l’afflizione: potremmo benissimo farne a meno. Però dobbiamo e vogliamo rallegrarci quando ne veniamo colpiti. L’afflizione quando è accettata diventa tuttavia anche una
fonte di felicità e di pace.