Hea Woo fu arrestata in Cina, consegnata alle
autorità nordcoreane e messa in prigione. "Sono quasi morta in prigione. Le guardie erano implacabili: mi presero a calci e a bastonate. Ero così scoraggiata che cominciai a dubitare di Dio.
Quando rientrai nella mia cella, mi sentii completamente sola, benché ci fossero altri dodici carcerati rinchiusi lì con me. Poi udii
qualcuno parlarmi a voce alta. Alzai lo sguardo, ma nessuno si mosse né batté ciglio. Ero l'unica a sentire quella voce! Mi diceva queste parole: "Mia amata figlia, stai camminando sulle acque!".
Durante gli anni trascorsi in prigione e nel campo di lavori forzati, sentii quella voce diverse volte. Sono certa: era Dio stesso che mi incoraggiava!".
In prigione, Hea Woo si ammalò gravemente. "Sanguinavo e riuscivo a reggermi in piedi solo appoggiandomi alla parete. Il dottore disse alle guardie che mi restavano al massimo tre giorni di vita.
Supplicai Dio di non lasciarmi morire senza avere avuto la possibilità di raccontare al mondo la realtà della Corea del Nord e la fede di mio marito. C'erano sette guardie estremamente crudeli e
chiesi a Dio di servirsi proprio di loro per aiutarmi. Fu allora che accadde un miracolo. Sapendo che stavo per morire, le guardie mi diedero più cibo. Lentamente cominciai a riprendermi. Dopo
cinque mesi ero guarita completamente. Tutto ciò fu sorprendente, considerato che non mi era stata somministrata alcuna medicina, che dormivo per terra senza nessun tipo di riscaldamento... tanto
che per il freddo riuscivo a stento a dormire; spesso di notte avevo le mani e i piedi congelati... e si potevano sentire i topi e le cimici praticamente ovunque. Senza alcun dubbio fu Dio a
tenermi in vita".
Un giorno Hea Woo e altri carcerati furono condotti al campo di lavori forzati. C'era un cartello affisso all'enorme recinto che riportava questa scritta: "NON TENTARE DI FUGGIRE O VERRAI
UCCISO". Hea Woo divideva una camerata con un'altra cinquantina di donne. Ci si alzava alle 5:00 del mattino e ci si allineava per l'appello, alle 6:00 si mangiava. "Ricevevamo una minima razione
di riso, all'incirca due o tre cucchiai a testa". Dalle otto a mezzogiorno si svolgevano i lavori di agricoltura. "Fino ad ora di pranzo non era permesso fermarsi... i prigionieri non hanno
diritto al riposo". Dopo pranzo si lavorava fino alle sei, quando si rientrava al campo per la "sessione di critica". "Dovevamo criticarci gli uni gli altri – e noi stessi-, riguardo agli errori
commessi nella giornata". Dopocena: addestramento ideologico. "La parte più dura della giornata: eravamo affamati e stremati, gli occhi erano pesanti ma dovevamo restare svegli e attenti,
altrimenti venivamo puniti". Alle 22 si andava a letto, dopo l'ultimo appello.