Laos, famiglie cristiane in fuga dal loro villaggio: hanno rifiutato di convertirsi al buddismo
È quanto denunciano gli attivisti di Hrwlrf, secondo cui i cristiani hanno subito a lungo pressioni per abbandonare la loro fede. Per le autorità essi avrebbero lasciato il villaggio di loro “spontanea volontà”. Ora hanno ricostruito una piccola comunità in una nuova zona, più sicura, e con piena libertà di culto.
Vientiane – Sei famiglie cristiane laotiane hanno dovuto abbandonare il loro villaggio natale – composto in larga maggioranza di buddisti – nel sud del Paese, perché vittime di continue pressioni; i residenti volevano costringerli ad abbandonare la loro religione e convertirsi. È quanto denunciano gli attivisti di Human Rights Watch for Lao Religious Freedom (Hrwlrf), ong con base negli Stati Uniti, secondo cui i membri della minoranza sono stati “minacciati di sfratto”, nel caso in cui “non avessero rinunciato alla fede”. Diversa la versione dei funzionari della provincia di Savannakhet, per i quali le famiglie avrebbero lasciato il villaggio di Natahall, nel distretto di Phin, di loro “spontanea volontà” per “evitare scontri” con gli altri abitanti.
Ai primi di marzo (ma la vicenda è emersa solo in questi giorni) alcune famiglie cristiane hanno abbandonato il villaggio di Natahall, costruendo nuovi alloggi in un’area distante una decina di chilometri. In passato il gruppo si era convertito al cristianesimo e questa scelta, nel tempo, ha creato malumori e insofferenze sempre più forti fra la maggioranza buddista e, in particolare, nel gruppo degli anziani e dei capi-villaggio. Dall’inizio dell’anno si è registrata una continua escalation di tensione, che è sfociata poi nella decisione di fuggire.
Secondo quanto riferiscono gli attivisti di Hrwlrf, i membri della minoranza cristiana sarebbero stati vittime di persecuzioni e abusi. Nel dicembre scorso i capi villaggio di Natahall, col sostegno della polizia, hanno emesso un ordine di sfratto nei loro confronti; tuttavia, il gruppo ha opposto resistenza rifiutandosi, in un primo momento, di fuggire o convertirsi. Le autorità “hanno agito in modo da bandire la fede cristiana dal villaggio ed espellere gli abitanti che continuavano a professare il cristianesimo”.
L’ultimo episodio risale all’11 marzo scorso, quando durante un incontro pubblico i leader della comunità hanno offeso i cristiani, definendoli seguaci di una “religione straniera americana” e obbligandoli a convertirsi al buddismo. Le famiglie hanno quindi deciso di abbandonare le loro case, ricominciando una nuova vita in una zona più sicura.
Dall’ascesa al potere dei comunisti nel 1975, con la conseguente espulsione dei missionari stranieri, la minoranza cristiana in Laos è soggetta a controlli serrati e vi sono limiti evidenti alla pratica del culto. La maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista; su un totale di sei milioni di abitanti, i cristiani sono il 2% circa, di cui lo 0,7% cattolici. I casi più frequenti di persecuzioni a sfondo religioso avvengono ai danni della comunità cristiana protestante: nel recente passato AsiaNews ha documentato i casi di contadini privati del cibo per la loro fede o di pastori arrestati dalle autorità. Le maglie si sono strette ancor più dall’aprile 2011, in occasione di una violenta repressione della protesta promossa da alcuni gruppi appartenenti alla minoranza etnica Hmong.